XV Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,7-13.

In quel tempo Gesù chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.
E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;
ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.
E diceva loro: «Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.
Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro».
E partiti, predicavano che la gente si convertisse,
scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.

 

In questo giorno del Signore, in cui da anni la nostra Comunità ha il compito di pregare in modo
particolare per l’Unità di tutti i Cristiani, faccio mia l’invocazione di una delle collette: “O Padre,
che chiami tutti gli uomini a essere tuoi figli in Cristo, concedi alla tua Chiesa di confidare solo
nella forza dello Spirito per testimoniare a tutti le ricchezze della tua grazia”.

Tutti siamo chiamati a essere figli in Cristo, ecco perché anche noi, come i Dodici, oggi siamo
chiamati a Gesù e mandati. Ciò che dobbiamo portare con noi è solo in apparenza poca cosa, perché
siamo presi e mandati, come anche il profeta Amos. Non dobbiamo portare né pane, né sacca, né
denaro nella cintura, solo una tunica e un bastone per il viaggio, perché il necessario è lo Spirito.
Nella Regola san Benedetto (RB 4, 42) ricorda che ciò che di buono riusciamo a compiere non è
opera nostra, ma di Dio che ha operato attraverso di noi. Ecco perché il compito di testimoniare a
tutti le ricchezze della grazia, dell’amore di Dio che a tutti viene incontro e che di tutti si vuole
prendere cura, sarà possibile solo nella misura in cui lo Spirito ci investe, ci avvolge, ci plasma, ci
abita e ci riporta allo splendore di figli “scelti prima della creazione del mondo per essere santi e
immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù
Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui
ci ha gratificati nel Figlio amato” (Ef 1, 4-6) .

Non importa allora se come Amos siamo dei semplici mandriani che coltivano piante di sicomoro, o
se come i Dodici dei pescatori, dei traditori o ladri, dei sognatori o dei delusi. Siamo chiamati ad
essere cristiani, uomini e donne della via, che non hanno paura di sporcarsi i piedi sulle vie
insanguinate del nostro mondo malato di rabbia e odio, di desiderio di primeggiare a tutti i costi,
ferito dall’indifferenza e dall’esclusione.
Come non bisogna portarsi dietro tante cose, così non bisogna fare atti eroici … basta sempre e solo
un bicchiere d’acqua … Forse così l’amore e la verità saranno ciò che sono, e la giustizia e la pace
non solo si baceranno, ma la Verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo (cfr
salmo 84).

Non è un’utopia, perché “in lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo
della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era
stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di
coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria” (Ef 1, 11-12).
Non ci resta altro che contemplare il Volto, di stare alla presenza di quello Sguardo che è sempre su
di noi, come quello di una mamma sul suo bimbo che dorme fra le sue braccia. Lasciamoci
guardare, purificare, amare. Non facciamo come Pietro la sera dell’ultima cena, che ha rifiutato di
farsi lavare i piedi da Gesù. Non facciamo trovare senza l’abito nuziale, cioè lasciamoci curare e
vestire, sì, lasciamo che il Nostro Dio si prenda cura di noi. Questa è l’opera grande a cui siamo
chiamati: accettare l’amore di Dio per noi. (cfr “La grazie è un incontro”, di A. Candiard, ed.
Libreria Vaticana, 2024)

 

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate