1° ottobre 2018
Tanti anni fa don Bruno Maggioni, durante una lezione in Seminario, aveva sostenuto, tra il serio e il faceto, che ogni epoca ecclesiale sarebbe stata ben riconoscibile, nel caso di scoperte archeologiche nei millenni futuri, dall’utilizzo di determinate parole.
In quell’epoca (anni ’80 del secolo scorso) le parole chiave erano “carità pastorale”.
Oggi senza il minimo dubbio la parola fondamentale è ” discernimento”. Tutti devono discernere.
Il che significa, vocabolario alla mano, “distinguere, riconoscere”. E, nella forma di sostantivo, “facoltà di giudicare, senso critico”.
Concetto importantissimo, dunque, quello del discernimento. Giudicare il bene e il male, distinguere l’opera di Dio da quella del demonio, capire il da farsi in una determinata situazione: tutte cose fondamentali, che hanno ricadute molto serie sulla vita dei singoli, della Chiesa,della società. E non è facile discernere, soprattutto perchè spesso il bene e il male non si dividono con una linea retta. Basterebbe pensare alla complessità di ognuno di noi per constatare quanto sia difficile esprimere giudizi.
E tuttavia non possiamo non porci la domanda: “Esistono il bene e il male?”.
Se rispondiamo di sì dobbiamo dire che ci sono atteggiamenti sempre buoni e atteggiamenti sempre cattivi, al di là di chi li mette in atto (il quale potrebbe anche non commettere un peccato, pur facendo il male, perchè non ne ha la consapevolezza oppure perchè non era libero in quel momento. Ma il male resta male).
E come si fa a capire ciò che è bene e distinguerlo da ciò che è male?
Per un cristiano il criterio fondamentale è il Vangelo. Le parole di Gesù non possono essere trascurate o lasciate in secondo piano per assumere, al loro posto, criteri umani opinabili e spesso costruiti su ragionamenti cavillosi.
Era, questa, una tecnica dei farisei e degli scribi aspramente criticata da Gesù: “E Gesù rispose ai farisei e agli scribi: Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini. Trascurando il comandamento di Dio voi osservate la tradizione degli uomini. Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione. Mosè infatti disse: Onora tuo padre e tua madre e Chi maledice il padre o la madre sia messo a morte. Voi invece dite: Se uno dichiara al padre o alla madre: Ciò con cui dovrei aiutarti è korbàn, cioè offerta a Dio, non gli consentite di fare più nulla per il padre e la madre. Così annullate la Parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate parecchie” (Marco 7, 6-13).
Parole chiare, quelle di Gesù. E allora la prima cosa che bisognerebbe riconoscere è la provenienza delle parole e dei concetti da esse espressi, concetti che diventano situazioni e fatti ben concreti.
Parole divine? Parole umane? Parole diaboliche? Non è sempre facile discernere, anche perchè il demonio è un abile trasformista e conosce molto bene la tecnica del travestimento, presentandosi spesso con l’abito della festa e sovvertendo anche concetti fondamentali della nostra fede, piegandoli ai suoi scopi.
Ognuno di noi è chiamato, dunque, a una profonda conoscenza del Vangelo, senza troppi arzigogoli frutto di tradizione umana.
Il Vangelo deve diventare il criterio interpretativo della nostra vita e dei fatti che accadono attorno a noi. E sul Vangelo dobbiamo costruire il nostro sistema di valori , le nostre prese di posizione e la nostra testimonianza di vita. Il Signore ci chiede dei “sì” e dei “no”. Il di più ( e il “forse” o il “vediamo”) viene dal Maligno (cfr. Matteo 5,37).
don Roberto