19 ottobre 2020
“Popolo di eroi, di santi e di navigatori”, diceva qualcuno, in pubblico. Ma questo stesso qualcuno, in privato, confidava al suo capoufficio stampa, dottor Ferretti: “Governare gli italiani non è difficile. E’ inutile!”. Avete intuito chi sia l’autore di queste frasi: proprio lui, Benito Mussolini.
Bisogna riconoscerlo: noi italiani abbiamo un fondo di anarchismo che ci fa essere refrattari ad ogni autorità costituita. Pratichiamo una sorta di obiezione di coscienza alle regole perchè siamo polemici e ci teniamo tantissimo alla nostra autonomia. Di pensiero e di azione. Eppure siamo sempre alla ricerca del cosiddetto “uomo forte”, quello che abbia la bacchetta magica per sistemare tutto subito, ovviamente senza ledere i diritti e i privilegi di nessuno. Uno che risani i conti dello Stato e contemporaneamente non faccia pagare le tasse, uno che costruisca nuove strade, ma lontano da casa nostra, uno che debelli il covid, ma senza chiudere nulla…
Si potrebbe continuare quasi all’infinito! Ma il bello è che, ogni tanto, tra i politicanti, si affaccia qualcuno che ambirebbe davvero ad affacciarsi dai balconi per sparare panzane davanti al popolo osannante. Gli italiani allora gli lasciano un po’ di corda, come quando si lascia lenza al pesce per farlo stancare. E allorchè il malcapitato di turno si illude di avercela fatta, di aver imbrogliato tutti, di poter finalmente dare pieno sfogo al proprio ego spropositato, lo riducono, alle elezioni, a percentuali da prefisso telefonico.
Perchè l’uomo forte ci va bene fino a quando rimane una figura mitica, una sorta di messia che non si occupa realmente delle cose terrene. Quando questo messia prende consistenza reale e diventa una persona in carne ed ossa, allora viene ricondotto in breve tempo alla sua giusta dimensione e lo si fa rientrare nei ranghi della normalità di chi sopravvive senza infamia e senza lode, pensando alla famigliola e a portare a casa il cospicuo stipendio da parlamentare. Venuto meno l’uomo forte, possiamo tranquillamente riprendere le nostre rivalità.
Perchè noi italiani abbiamo conservato quella litigiosità che ci accompagna almeno dalla fine dell’Impero romano. Comuni contro imperatore, comune contro comune, dentro lo stesso comune contrada contro contrada o guelfi contro ghibellini, staterelli contro staterelli. Tutto all’italiana, però, chè poi, alla fine, ci si mette d’accordo e si trova la “quadra”, anche se, come diceva Leo Longanesi, “in Italia la linea più breve tra due punti è l’arabesco”. Siamo un popolo fantastico, composto da una stragrandissima maggioranza silenziosa, che pensa ai suoi interessi e non vuole essere disturbata, e pochissimi estremisti che cercano di portare la maggioranza dalla propria parte.
Ma l’italiano, dietro una maschera di ingenuità, è furbo. O disilluso. E quando vede qualcuno che si impegna troppo, che fa troppo l’onesto, che fa troppo il cristiano, insomma, che fa “troppo”, inizia a diffidare, a prendere le distanze, a smarcarsi, perchè quando uno si impegna troppo, “di certo avrà il suo interesse”. E poco importa se così ci vanno di mezzo anche quelli che hanno ideali veri e alti. Gli ideali sono per pochi esaltati, che non conoscono il viver del mondo.
Agli italiani basta il calcio per essere contenti. E questo è un nostro grande pregio: ci accontentiamo di poco. Non siamo rivoluzionari perchè la rivoluzione costa fatica e potrebbe anche farci perdere il poco che abbiamo. Meglio l’uovo oggi che la gallina domani. E accontentarsi è il segreto della felicità.
don Roberto