17 ottobre 2016
Carlo Maria Parazzoli è primo violino solista dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia.
Qualche mese fa si è recato alla fermata Lepanto della linea A della metro di Roma e dalle ore 8.04 alle ore 8.34 ha eseguito l’Adagio e la Fuga della prima Sonata per violino di Bach.
L’autore dell’articolo che racconta questa impresa si sofferma scandalizzato e inorridito sul fatto che davanti al maestro che suonava un brano sublime sono passate 1760 persone e solo 11 si sono fermate, ascoltando per qualche manciata di secondi e offrendogli qualche soldo.
Ora, posto che nell’ora di punta forse la gente è più attenta ad arrivare in orario in ufficio anzichè gustare per 30 minuti l’ebbrezza di cotanto brano eseguito da cotanto virtuoso, a me ha fatto impressione la cifra raccolta dal suddetto in quei pochi minuti: 13 euro e 6 centesimi.
Ho fatto due calcoli, arrotondando per difetto: suonando 4 ore al giorno per cinque giorni la settimana il nostro musicista avrebbe portato a casa in 4 settimane 2080 euro.
Non sono pochi 2080 euro netti al mese per un lavoro che occupa poche ore al giorno e lascia liberi tutti i fine settimana.
Certo, mettiamoci pure l'”affitto” da pagare alla mafia dei mendicanti che gestisce i luoghi di accattonaggio.
Penso però che ce ne sia abbastanza per vivere.
Mi vengono in mente le svariate decine di persone che affollano il centro di Como chiedendo”la carità” in mille modi. Quanto possono raccogliere in una giornata?
A chi andranno effettivamente i soldi?
E’ giusto distribuire euro “a pioggia”” perchè ci si lascia impietosire o perchè si ha costantemente presente Gesù che si incarna negli affamati, negli assetati (alcuni di questi sedicenti poveri sono specialisti nel far nascere sensi di colpa soprattutto in chi entra o esce dalle chiese, salvo poi respingere sdegnosamente l’offerta di panini e bottiglie d’acqua)? E’ carità vera quella che dona senza preoccuparsi di come verranno utilizzati i soldi?
Non è forse meglio evitare questi contributi che alimentano accattonaggio, emarginazione e sfruttamento?
E dare qualche spicciolo al barbone alcolizzato così che possa comperarsi il vinaccio con cui continuare ad ubriacarsi è un’opera meritoria?
Non sarebbe più efficace e utile dire una preghiera per lui (o per lei, visto che questa condizione vede una certa presenza femminile)?
Forse sarebbe davvero il caso di mettere in pratica il discernimento a cui spesso Gesù ci invita nel Vangelo.
Ma qui si pongono questioni molto più grosse del mendicante che si approfitta della debolezza di una persona anziana.
Qui entra in gioco il nostro concetto di amore.
Unito alla gestione del denaro, pubblico e non.
Per adesso proviamo ad accontentarci di riflettere su che cosa ognuno di noi può fare in modo utile e realmente efficace per eliminare la povertà.
Io sono arrivato alla conclusione che l’unico modo è dare soldi (o aiuti di altro genere) a missionari che si conoscono personalmente.
Conclusione forse un po’ restrittiva, ma non mi va di buttar via soldi che a me costano un mucchio di sacrifici.
don Roberto