I due di Emmaus

10 novembre 2025

Delusi. Demotivati. Tristi. Discepoli che hanno visto evaporare il loro sogno. Un sogno che, probabilmente, era solo terreno, un sogno di liberazione dal nemico, di un regno potente che poteva nuovamente esistere. Chissà, forse anche il sogno di un qualche posto dirigenziale nel nuovo organigramma del poter che ogni rivoluzione porta con sé. In ogni caso il sogno è finito, Gesù, profeta potente in opere e in parole, è stato crocifisso, il potere degli oppressori è rimasto in sella. Non rimane altro da fare che tornare a casa, masticando amaro, con tutti i rimpianti e le recriminazioni che comporta ogni fallimento. E la tristezza è talmente profonda da impedire di riconoscere proprio Lui, il profeta potente, il messia che era stato ucciso.

Il discepolo triste, che torna a Emmaus, cioè al luogo di partenza, che butta via tutti gli ideali coltivati, che si abbatte davanti alle avversità, questo discepolo potrebbe incarnarsi in ognuno di noi. Non per niente nell’episodio dei due discepoli di Emmaus uno è chiamato per nome, Cleopa, e l’altro è anonimo. Quasi a dire che ognuno di noi potrebbe dargli il proprio nome.

Che cosa ci aspettiamo da Gesù? Siamo capaci di vedere il Risorto,  che ci invita a continuare il nostro compito, che spezza e benedice il pane, che ci dona la forza di rialzarci per annunciare a tutti che abbiamo incontrato il Signore? Qualche volta la nostra fede è debole, è soggetta a sbandamenti, non regge i venti contrari. Abbiamo bisogno di un incontro vero con Gesù, abbiamo bisogno della Messa, della Sua parola. Abbiamo bisogno di invitarlo a casa nostra, di fargli spazio ogni giorno nel nostro cuore. Solo così possiamo vincere le delusioni. Solo così possiamo essere veramente discepoli del Risorto.

don Roberto