V Domenica di Quaresima

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 8,1-11.

In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
Ma all’alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,
gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.
Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?».
Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.
E siccome insistevano nell’interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei».
E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.
Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
Ed essa rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch’io ti condanno; và e d’ora in poi non peccare più».

 

 

Grande potenza in questa liturgia il perdono nel Vangelo e le parole autobiografiche di San Paolo.
Gesù salva una donna dall’esecuzione capitale.
Tutti attorno a lei per condannarla perché adultera. Per i maschi questa colpa non era
contemplata: eppure pecchiamo tutti allo stesso modo in qualsiasi secolo o cultura.
La giustizia derivante dalla legge è iniqua. Ha una funzione “performante” cioè ci aiuta a
distinguere gli atteggiamenti del bene e del male, però poi diventa strumento in mano alle
persone e l’iniquità è in agguato: fatta la legge trovato l’inganno.
Anche le leggi religiose sono viziate in questo modo, spesso diventano pesi che non liberano la
vita.

Ecco, san Paolo, ebreo, circonciso l’8 giorno, fariseo, più aderente alla legge non poteva essere,
eppure l’incontro con Cristo, ha fatto sì che egli rovesciasse il tavolo della sua vita per stravolgerla
e ricominciare da un’altra angolatura: quella della giustizia che deriva dalla fede.
Giustificati, resi giusti non dalle opere ma dalla fiducia in Dio: “credette e gli fu accreditato come
giustizia” si dice di Abramo.

Il peccato ci deturpa ma non ci rovina per l’eternità, non siamo condannati nella nostra iniquità.
Quando se ne fa esperienza si apre una porta sull’infinito piena di luce: è la misericordia.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate